I passi incatati di luca

Tra le sfumature eleganti della danza, emerge il talento di Luca Carannante, 30 anni, un appassionato ballerino freelance originario di Napoli. La sua affinità per l’arte del movimento lo ha portato a conseguire il diploma presso il prestigioso Teatro San Carlo di Napoli, dove ha coltivato una tecnica impeccabile e un’interpretazione unica. La scena internazionale è stata testimone dei suoi straordinari passi, poiché ha incantato il pubblico su importanti palcoscenici, come l’Opéra Nice Côte d’Azur, l’Arena di Verona, il Teatro Massimo Palermo e il Teatro Verdi Salerno. Oltre a spiccare tra i virtuosi della danza, Luca condivide con generosità il suo amore per l’arte insegnando presso accademie di danza private. Qui, la sua passione e dedizione diventano insegnamenti preziosi per chi desidera affacciarsi al magico mondo della danza. In questa intervista, esploreremo le fonti di ispirazione che guidano Luca nel suo percorso artistico, le emozioni che si celano dietro i suoi straordinari passi e il valore che la danza ha nella sua vita.

Da quanto tempo danzi e cosa ti ha spinto ad iniziare questa disciplina?

«Il mio interesse per la danza è nato da bambino. A 6 anni già praticavo diversi sport e qualche anno dopo, spinto dalla curiosità, ho mosso i primi passi di danza in una scuola vicino casa. Non so come sia successo, ma è stato come un colpo di fulmine. Avvertivo una sensazione di grande serenità, e allo stesso tempo il vigore cresceva attraverso le vibrazioni della musica. Molto importante è stato l’amore che mi hanno trasmesso le mie insegnanti, Carla e Laura, che ricordo con immensa gioia. È grazie alla loro conoscenza e alla loro esperienza che ho potuto conoscere la scuola di ballo del Teatro San Carlo. Infatti, poco tempo dopo, spinto dalla mia solita curiosità ho sostenuto l’audizione e sono stato ammesso alla scuola di ballo del Real Teatro di San Carlo. Da quel momento, è iniziato per me un percorso di infinita gioia. Ricordo come se fosse ieri le mie corse da scuola per andare in teatro a fare lezione. Ero sempre lì, pronto ad imparare e osservare i corsi superiori, sognando di poter arrivare anch’io allo stesso livello. Diciamo che ad oggi sono più gli anni che cammino in en dehors».

Quali sono i tuoi ruoli preferiti o le coreografie che ti piace eseguire di più?

«Nel palcoscenico della vita, come in quello del teatro, mi ritrovo ad indossare diverse maschere. I ruoli che posso interpretare sono molteplici, ogni volta li ricamo su di me rendendoli sempre più reali. Credo che il vero spettacolo stia proprio in ogni maschera che ho indossato, mi ha arricchito di ulteriore sensibilità e mi ricorda sempre che essere è fondamentale per interpretare, esibirsi e arrivare allo spettatore. I coreografi con cui ho avuto la fortuna di lavorare e che mi hanno affascinato di più sono stati Amedeo AmodioMassimo MoriconeMauro Alessandro BigonzettiJerome Robbins Gene Kelly».

Quali sentimenti ti guidano quando ti immergi nella danza?

«La mia profonda fonte di ispirazione è il concetto di bellezza. La sensibilità dell’animo del danzatore, il talento, l’espressività, la qualità del movimento e l’armonia tra uno sguardo, un gesto e un respiro. Ma soprattutto, la naturale prerogativa del danzatore è l’estenuante ricerca della perfezione. Siamo capaci di emozionarci già dal riscaldamento alla sbarra, dove mente e corpo sono in completa armonia. Così, passo dopo passo, l’anima è capace di mostrarsi attraverso il movimento».

Hai mai avuto infortuni o momenti di scarsa motivazione durante la tua carriera? Come li hai gestiti e come hai fatto a recuperare?

«Nel percorso di un danzatore il pericolo di un infortunio è sempre dietro l’angolo, anche un incidente non grave può comportare un’inabilità temporanea con conseguente stop dagli allenamenti e quindi una perdita di occasioni come audizioni, gala o spettacoli. La ripresa è sempre dura. Mi è successo qualche tempo fa, lo ricordo come se fosse ieri. Ero in sala a Roma, per preparare la produzione dello Schiaccianoci del maestro Amodio. Tra una prova e l’altra, durante la pausa, provavo le variazioni per le audizioni in altri teatri. Ma un po’ la stanchezza, un po’ la testardaggine di provare senza sosta, nell’atterraggio di un Double Tour en l’air mi sono fratturato l’astragalo. Sono riuscito a rientrare in sala di danza dopo 6 mesi. Questo per un danzatore è terribile. È stato un periodo molto difficile, la mia famiglia e la mia compagna mi hanno aiutato tantissimo. Combattevo contro la voglia irrefrenabile di tornare in sala e l’impossibilità fisica. Ho perso tante occasioni, ma il percorso dell’infortunio mi ha aiutato a capire tante altre cose, tra cui l’ascoltare di più il mio corpo e non esagerare laddove non è utile. Anche quel periodo così lungo è stato un momento di crescita personale, sono riuscito a superare alcune paure e migliorare il mio modo di percepire gli avvenimenti. Quando ho raggiunto la consapevolezza che nulla accade per caso e c’è sempre un motivo per cui si verificano certe cose, ho iniziato ad affrontare in maniera diversa il conflitto che vivevo in quel periodo».

Qual è stata la tua più grande conquista o il tuo traguardo più significativo?

«Ritornare a danzare subito su un palcoscenico dopo l’infortunio e poche settimane dopo il rientro in sala, superare diverse audizioni con ottimi risultati in graduatoria e partire subito per il festival Areniano e danzare all’ Arena di Verona. Qualche mese dopo, un’altra fantastica notizia. La chiamata dall’ Opéra de Nice per un contratto, un’esperienza che porto nel cuore».

Come interagisci con la musica durante le tue performance?

«La musica ha un aspetto fondamentale nella danza, così come nel danzatore e nella coreografia. Ma già dalla lezione, la musica è un elemento capace di aumentare l’energia e l’impulso fisico e quindi di accrescere le prestazioni atletiche del danzatore. In effetti, l’armonia che si crea tra il corpo in movimento e la musica è come se fosse un passo a due, capace di far vibrare l’anima ed emozionare lo spettatore. Attraverso la coreografia, cerco di tradurre con il movimento la dinamica della musica e quindi darne forma visibile. Qualche settimana fa ho conosciuto in un Galà di danza Sabrina Borzaga, una persona stupenda, dotata di grande passione e un’infinita cultura. Ha una visione futuristica della danza. Lei propone un approccio innovativo per lo svolgimento della lezione di danza, attraverso l’accompagnamento musicale di violino e violoncello accordati a 432 Hert. Ho riscontrato, dopo aver ballato i passi a due con accompagnamento di violino, un senso del ritmo, della musicalità e dell’espressività più profonda ed efficace».

Qual è il tuo obiettivo più grande o il sogno che vorresti realizzare come ballerino?

«Gli obiettivi sono sempre stati tanti, alcuni raggiunti, altri ancora ‘work in progress’. Uno dei miei obiettivi è stato raggiunto e da un lato mi sento anche molto fortunato, siccome appena diplomato sono riuscito a rientrare fin da subito in alcune audizioni che mi hanno permesso di lavorare e fare esperienza. Sono riuscito a ballare nella maggior parte dei teatri italiani delle città principali, ne mancano veramente pochissimi all’appello. Come ballerino ho un sogno nel cassetto, arrivare all’ABT, l’American Ballet Teather. Non è semplice, forse potrà non arrivare mai, ma nel frattempo il mio impegno è profuso verso il futuro e verso le tante altre passioni che la mia curiosità mi spinge ad appagare. Tra cui un corso di laurea in Economia e Management delle imprese sportive, che a breve concluderò. Inoltre, mi occupo della direzione artistica di alcune accademie di danza private sul territorio campano, che mi vede impegnato con gli allievi. Oltre alla formazione, mi dedico all’individuazione di talenti da preparare per le audizioni nelle scuole di ballo degli enti lirici. Diciamo che cerco di spronare sempre la mia curiosità, di mettermi sempre alla prova e di impostare nuovi obiettivi da raggiungere».

 

Autrice Angela Russo


Una voce per i corpi di ballo italiani

Luca Carannante, danzatore diplomato al Teatro San Carlo di Napoli, ha lavorato con coreografi come Massimo Moricone e Amedeo Amodio e si è esibito in teatri come il Massimo di Palermo e l’Arena di Verona. La sua esperienza professionale si amplia all’estero presso il Ballet de Nice, diretto da Éric Vu-An. Ad oggi si dedica all’attività di danzatore, insegnante e studente universitario.

Ci incontriamo una mattina di febbraio 2022 in sala di danza, quando la vita dei performer stava riprendendo a essere quella pre-pandemia, per parlare della sua carriera e soprattutto della condizione dei danzatori professionisti in Italia.

Luca, che importanza hanno la tecnica e l’emotività quando ti prepari per una coreografia o un ruolo?

La tecnica è fondamentale al fine di concretizzare la danza come “metodo di scrittura”. Allo stesso tempo è il lato emozionale, una volta consolidato quello tecnico, che vai costantemente ad affinare. L’espressività è il tratto distintivo di ogni danzatore. Va studiata anche quando si interpreta un ruolo minore.

Com’è stato confrontarsi all’estero con danzatori di tutto il mondo?

È essenziale instaurare un clima disteso nel corpo di ballo, nonostante ci siano dei ruoli e una gerarchia. A Nizza ho lavorato a tempo determinato e condiviso le prove e la scena con danzatori eccellenti tecnicamente, ma soprattutto veri artisti. Il confronto ha accresciuto la mia empatia, che sfrutto per immedesimarmi in ciò che danzo. All’estero si dedicano tanto al lato artistico, seppure considerino la danza un settore professionale come un altro. In Italia invece bisogna affannarsi per il diritto al lavoro e i danzatori emigrano per vivere del loro mestiere.

È triste che questo sia l’unico modo per poter concretizzare una formazione durata molti anni.

Quando decidi di emigrare all’estero lo fai mosso dalla passione, ma è vero che parliamo di un lusso che non tutti possono permettersi. Le audizioni comportano spese notevoli. Chi riesce a sostenere questi costi, non è detto possa farlo più di una volta e in un arco temporale ridotto. Un’audizione peraltro non significa lavoro certo. Se tutto l’iter si svolgesse in Italia i danzatori potrebbero presentarsi a più audizioni con spese sicuramente minori.

Perché in Italia sembra non esserci posto per i danzatori?

Perché purtroppo la danza è vista come un mero hobby, non un lavoro. Basti pensare che ci sono solo 4 corpi di ballo su 14 Fondazioni Lirico-Sinfoniche. La prassi dei teatri è esternalizzare le produzioni a compagnie private esterne, invece di bandire audizioni pubbliche come di norma dovrebbe essere. Tutti noi danzatori ci stiamo mobilitando affinché si metta fine al precariato dei pochi corpi di ballo esistenti e poi si punti a ricostituire quelli dismessi. Il canale social “Danza Error System”, fondato dai colleghi e amici Anna Chiara Amirante, Vito Lorusso, Andrea Morelli e Alessandro Staiano, è il portavoce delle rivendicazioni e delle conquiste ottenute.

Forse è la prima volta che i danzatori si mobilitano come categoria. Secondo te come mai?

Finora ciascuno guardava il proprio orto. Questo è andato a discapito dei danzatori giovani, che non sono stati mai sostenuti nelle rivendicazioni. Adesso anche l’orto di chi era sicuro è stato calpestato, quindi è risultato naturale muoversi insieme per un fine comune. Ognuno di noi balla in modo individuale, ma in sostanza siamo tutti racchiusi in un unico “corpo” di ballo. Finalmente non lo siamo più solo sulla scena, ma anche nella vita.

Quali sono le conseguenze più gravi del precariato nella danza?

I danzatori hanno bisogno di allenarsi quotidianamente e senza contratto bisogna farlo a spese proprie. Ne risente l’affiatamento del corpo di ballo e l’intesa con coloro che curano la coreografia e lo spettacolo a vari livelli. Inoltre la danza è una professione a breve termine, perciò il tempo è tutto. La discontinuità ti impedisce di realizzare un progetto di vita e una carriera, così sei sottoposto ad una continua pressione psicologica.

Eppure la danza è un patrimonio culturale con una valenza pedagogica che andrebbe valorizzata.

Si dovrebbe partire dal cambiare la denominazione degli Enti lirici in Fondazioni lirico-sinfoniche e di balletto, al fine di mettere sullo stesso piano le tre forme di spettacolo e dare al balletto un riconoscimento istituzionale, garantendo tutto ciò che questo comporta.

La danza educa i giovani ad affrontare la vita con ordine e risolutezza. Riconduce ad una concretezza, che spesso manca nei nostri contesti sempre più virtuali. Questo è un bagaglio che, anche se non diventeranno mai danzatori professionisti, porteranno sempre con sé.

Sara Castiello

 

Foto: © Stefano Di Luca, 2019. Luca Carannante in Faust.
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La comunicazione con l'allievo

La comunicazione è un aspetto molto importante, che non deve essere trascurato. L’utilizzo di un “linguaggio positivo” ha la capacità di influenzare in maniera importante le performances degli allievi; questo può avvenire in modo efficace solamente se il Maestro è disposto a mettere in gioco le proprie “modalità relazionali”. L’assertività ad esempio, rappresenta lo stile relazionale più funzionale.

In conclusione:
La Comunicazione “in positivo”, può migliorare di molto “il clima” all’interno della sala di danza, che è in realtà uno degli obiettivi strategici della Comunicazione efficace.